In questo periodo si è spesso parlato di salto di specie: bastava accendere la TV o collegarsi ad un forum che già trovavi un virologo o un esperto (o un sedicente tale) che ti propinava la teoria accreditata su come il COVID-19 sia transitato dal pipistrello al pangolino (che prima di allora non avevamo mai sentito nominare) e da quest'ultimo all'uomo. Qualcuno per darsi un tono te lo pronunciava anche in inglese “spillover”.
Mentre eravamo presi da queste teorie
e ognuno di noi si addentrava nei meandri della biologia, delle sequenze del
DNA e della proteina spike, ci sfuggiva
un altro salto di specie o, come un
antropologo forse avrebbe detto, semplicemente un tassello della catena
evolutiva: dal magister erectus al magister sapiens.
La classe docente, da tempo divisa
in due fazioni – per la prima il computer è un orpello inutile che ottunde le menti, per la seconda il computer va utilizzato per
svolgere qualunque attività (anche elementare)- ora si è ritrovata corpo unico
e le due categorie di insegnanti sono confluite in una nuova specie docente.
Questa evoluzione, come tutte le
evoluzioni, è stata possibile perché si sono presentate le condizioni
favorevoli affinché si affermasse questo nuovo tipo di docente.
Noi insegnanti ci siamo trovati a fruire esclusivamente dei nuovi strumenti, di contro rimpiangendo la semplicità e la leggerezza della
“bassa tecnologia” con gesso e lavagna.
Ognuno di noi potrebbe soffermarsi a
riflettere su quanto tempo sarebbe stato necessario in tempi di normalità per acquisire le competenze sviluppate in
questo straordinario periodo, su quanti corsi di aggiornamento avrebbe dovuto seguire, magari distrattamente e controvoglia.
Tra i docenti c'era ancora chi aveva
mal digerito l'avvento del registro elettronico e periodicamente si faceva
promotore di un ritorno al cartaceo: ed invece eccolo qua il “lockdown” e quello
che non è avvenuto in vent'anni è avvenuto in un paio di mesi.
È ovvio che avremmo
fatto volentieri a meno di questa emergenza e acquisito placidamente competenze tecniche: ma così non è stato, non
ci è stato chiesto di scegliere ed abbiamo fatto di necessità virtù.
In realtà questo brusco cambiamento
ha riguardato anche i nostri alunni e le nostre alunne: nel nostro immaginario
i ragazzi e le ragazze sono naturalmente
portati alla tecnologia, ma in
realtà sono regrediti negli ultimi anni nell'uso del computer perché
l'avvento dello smartphone ha fagocitato il loro tempo e spesso ahimè anche i
loro interessi.
Infatti, pur avendo alunni
“smanettoni” con lo smartphone, non è stato poi così raro avere ragazzi che non
sanno aprire la posta elettronica o che hanno seri problemi con l'account.
In particolare i miei ragazzi hanno
molto apprezzato le videolezioni asincrone, che a me richiedono un tempo infinito per la loro realizzazione ma
a loro danno la grande opportunità di rilettura degli argomenti svolti.
Ma diciamoci la verità: chi di noi preferirebbe questo tipo di lezione
alla lezione in classe?
Qui viene a mancare l’autentica comunicazione non verbale, in entrambi i sensi
di trasmissione.
Chi come me coltiva il motto “ludendo
docere” e fa dell'empatia uno strumento fondamentale della propria
azione didattica, non può che attendere con ansia il ritorno in classe.
Durante le lezioni in classe sono in
moto perpetuo e credevo che questo mio necessario girovagare potesse
infastidire qualche studente, invece con sorpresa mi
sono congedato dalle mie classi con la
comune speranza che possa tornare di
nuovo in orbita attorno a loro.