-LEGGERE DANTE IN OTTICA DI GENERE




Proposte di letture e commenti delle e degli studenti (a cura della professoressa Maria Pia Dell’Erba)





Dante, Inferno V, 88-138

«O animal grazioso e benigno 
che visitando vai per l’aere perso 
noi che tignemmo il mondo di sanguigno, 

se fosse amico il re de l’universo, 
noi pregheremmo lui de la tua pace, 
poi c’hai pietà del nostro mal perverso. 

Di quel che udire e che parlar vi piace, 
noi udiremo e parleremo a voi, 
mentre che ’l vento, come fa, ci tace. 

Siede la terra dove nata fui 
su la marina dove ’l Po discende 
per aver pace co’ seguaci sui. 

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende 
prese costui de la bella persona 
che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende. 

Amor, ch’a nullo amato amar perdona, 
mi prese del costui piacer sì forte, 
che, come vedi, ancor non m’abbandona. 

Amor condusse noi ad una morte: 
Caina attende chi a vita ci spense». 
Queste parole da lor ci fuor porte. 

Quand’io intesi quell’anime offense, 
china’ il viso e tanto il tenni basso, 
fin che ’l poeta mi disse: «Che pense?». 

Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso, 
quanti dolci pensier, quanto disio 
menò costoro al doloroso passo!». 

Poi mi rivolsi a loro e parla’ io, 
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri 
a lagrimar mi fanno tristo e pio. 

Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri, 
a che e come concedette Amore 
che conosceste i dubbiosi disiri?». 

E quella a me: «Nessun maggior dolore 
che ricordarsi del tempo felice 
ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore. 

Ma s’a conoscer la prima radice 
del nostro amor tu hai cotanto affetto, 
dirò come colui che piange e dice. 

Noi leggiavamo un giorno per diletto 
di Lancialotto come amor lo strinse; 
soli eravamo e sanza alcun sospetto. 

Per più fiate li occhi ci sospinse 
quella lettura, e scolorocci il viso; 
ma solo un punto fu quel che ci vinse. 

Quando leggemmo il disiato riso 
esser basciato da cotanto amante, 
questi, che mai da me non fia diviso, 

la bocca mi basciò tutto tremante. 
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse: 
quel giorno più non vi leggemmo avante».


COMMENTI


Dante, oltre a essere uno degli autori piu’ importante della nostra letteratura, aveva anche una mentalità incredibilmente moderna per il suo tempo. L’autore condanna Paolo e Francesca all’inferno perché per la mentalità del tempo il peccato di adulterio merita condanna. Tuttavia il suo giudizio personale è altra cosa: Dante prova profonda pena ed empatia per quei due giovani amanti che, sebbene abbiano peccato, non meritavano certo questa tragica fine. Francesca, vittima di femminicidio, è un esempio di donna sottomessa ad una struttura culturale che evidenzia il predominio dell’uomo. 

Mario Ciancio 5B  Liceo Scientifico Galileo Galilei di Catania


Il crimine della violenza a danno delle donne si può ricollegare alla storia di Paolo e Francesca  uccisi dal marito di Francesca e fratello di Paolo. Il femminicidio non è solo violenza fisica sulla donna, ma è soprattutto violazione della libertà di vivere e inoltre violenza psicologica. 
Bruno Borgh 4B Liceo Scientifico Galileo Galilei di Catania




Dante, Purgatorio V, 130-136

"Deh, quando tu sarai tornato al mondo
e riposato de la lunga via",
seguitò 'l terzo spirito al secondo,

"ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che ’nnanellata pria

disposando m’avea con la sua gemma".



 

Dolente Pia di Gianna Nannini

Dolente Pia, dolente Pia
Dolente Pia innocente è prigioniera
Col capo chino
La fronte al seno
Pensa a quei giorni del passato
Ricordi in fior
Torna, sento già
La tua luce nell'anima
Sei, qui con me
Sono le braccia tue che stringo
Per quanti mesi
E notti e giorni
Non saprei dire non lo so
Ma questo è certo
Ci fu l'inverno, poi primavera
La vita torna nel castello
Ma non per me
Guarda, se ne va
Questo sogno di te
Là batte l'onda e un cavallo galoppa
Ma l'amore, il nostro amor
Marcisce dietro a questa porta
Ma l'amore, il questo amor
Marcisce dietro a quella porta
Fa sempre freddo, in quelle mura
Il cielo è chiaro ma la terra resta scura
Poi il primo verde
La lunga luce
Pensa a quei giorni del passato
Ricordi in fior
Dolente Pia, dolente Pia
Dolente Pia innocente è

COMMENTI

Nel V canto del Purgatorio ci troviamo, nel primo e secondo balzo dell’Antipurgatorio, di fronte alle anime che si pentirono solo al momento della morte violenta e dunque improvvisa. Dante e Virgilio qui incontrano diversi personaggi, Iacopo del Cassero e Buonconte da Montefeltro, ma la vera protagonista di questo canto è una donna: “Ricordati di me, che son la Pia” (v.133). Questo dice Pia de’ Tolomei quando incontra Dante.  Sposa di Nello de’ Pannocchieschi, podestà di Volterra e di Lucca, fu uccisa dal marito che, secondo alcuni, la fece precipitare dal balcone del suo castello della
Pietra, in Maremma, dopo averla tenuta prigioniera per diversi giorni. O secondo altre ipotesi sarebbe morta per la malaria, in seguito alla prigionia nel castello.  Anche sulla causa del delitto vi sono diverse ipotesi: secondo alcuni, la punizione di un’infedeltà, secondo altri la volontà di lui di risposarsi. Oggi anche grazie alla musica possiamo trovare la figura di questa donna, che ci viene descritta in chiave rock dalla cantante, anch’essa senese, Gianna Nannini, che nel 2007 le dedica un intero album: “Pia come la canto io”. La canzone che più di tutte ci descrive questa donna è sicuramente “Dolente Pia”, poiché proprio attraverso questo aggettivo, è presentata una giovane prigioniera innocente e pudica, china su se stessa, che nostalgicamente ripensa ai giorni felici e sente fra le fredde mura del castello il caldo abbraccio del marito: “Dolente Pia, dolente Pia, /dolente Pia innocente è prigioniera./ Col capo chino, la fronte al seno,/ pensa a quei giorni del passato ricordi in fior.” Il tema della violenza sulle donne è un tema che Dante tratta non solo nel V canto del Purgatorio con Pia de’ Tolomei, ma anche nel V canto dell’Inferno con l’episodio di Paolo e Francesca, e successivamente nel V canto del Paradiso con Piccarda e Costanza d’Altavilla. Inoltre il poeta fiorentino scrisse di un problema, già riscontrato all’epoca, ma ancora oggi presente in Italia e non solo. Oggi con il termine femminicidio indichiamo una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna, “perché donna”. Da pochi anni, però, sentiamo parlare di questo problema, che ultimamente ha raggiunto dimensioni eclatanti. Infatti la maggior parte delle vittime sono donne che continuano a subire violenze anche dopo aver denunciato i fatti e il colpevole. Ai telegiornali si sentono storie, quasi sempre simili tra loro, di donne uccise dal marito, il convivente, o il fidanzato, che avevano già denunciato alcuni atti di violenza, ma non era stato preso nessun provvedimento; le violenze erano continuate e poi concluse con l’assassinio. Nessuno aveva dato ascolto alle richieste di aiuto da parte delle donne e poi ci si stupisce quando queste vengono uccise. Capita anche che, dopo l’accaduto, gli uomini non sono puniti adeguatamente e le famiglie delle vittime, oltre al dolore subito, non possono avere giustizia. Per questo dal 2013, con l’approvazione della convenzione di Istanbul, ad oggi il Parlamento Italiano ha creato dei decreti legge per cercare di limitare e risolvere questo problema, poiché  come dice la costituzione italiana ‘i cittadini hanno stessa dignità sociale davanti alla legge, senza distinzione di sesso’ e quindi le donne vanno tutelate e rispettate, e soprattutto si devono sentire protette dalla legge. Spesso però è difficile trovare il coraggio di denunciare le violenze subite. Esistono, infatti, molte associazioni contro il femminicidio e la violenza sulle donne, che le accolgono e le proteggono dalle conseguenze che potrebbe avere la denuncia. Non bisogna farsi abbattere mai dalla paura, anche se difficile e doloroso si deve invece trovare coraggio e parlare, poiché solo facendo conoscere il problema si può trovare una soluzione e avere giustizia.
Costanza Gennari 5B Liceo Scientifico Galileo Galilei di Catania

Marco Di Ruggiero 4B Liceo Scientifico Galileo Galilei di Catania


 “Dolente Pia, dolente Pia,  dolente Pia innocente e prigioniera.  Col capo chino, la fronte al seno,  pensa a quei giorni del passato ricordi in fior”.
Così Gianna Nannini, attraverso il canto rievoca la figura di una donna la cui storia è ancora avvolta nel mistero. La canzone inizia subito con l’affrontare lo stato d’animo e la condizione di solitudine
in cui si trova Pia; chiusa nella torre del Castello della Pietra, non distante da Massa Marittima, in Maremma (territorio senese). Lei purtroppo è un'innocente prigioniera, vittima senza alcuna colpa, tradita dall'amore!! Desolata e priva di speranza, è china su se stessa, quasi volesse trovare conforto sulla sua stessa pelle, ripensando a quei giorni passati che hanno lasciato il profumo della vita sul suo corpo. La prima strofa dunque già apre il sipario e ci cala nella storia, lasciandoci respirare la triste immagine di Pia. La seconda strofa si apre con l' imperativo "torna", velato dal forte desiderio di rincontrare il proprio marito, immaginando di essere ancora una volta tra le sue braccia, e di rivedere la fiacca luce dell'irrealtà. Nasce dunque un'illusoria speranza in questi primi due versi, ma già dal terzo si ritorna a toccare con mano la realtà.
Gli studiosi affermano diversi tesi ma quella più avvincente è quella di una vittima d’amore, uccisa dal marito. Quest’ultimo era il signore di un’importante famiglia e sembra proprio che lui abbia ucciso Pia buttandola dalla finestra. Infatti è necessario citare le parole del nostro autore la cui semplicità ci permette di interpretare la vita di Pia dei Tolomei attraverso solamente 4 versi:
“Ricorditi di me, che son la Pia, Siena mi fé, disfecemi Maremma: Salsi colui che ‘nanellata pria disposando m’avea con la sua gemma”.
Per quanto si tratti di una storia avente luogo molto tempo fa, sappiamo quanto Dante sia attuale in ciò che dice e in ciò che ci vuole fare intendere. Infatti quante volte abbiamo ascoltato al telegiornale di omicidi, anzi femminicidi poiché “omicidi di donne in quanto donne", scaturiti dalla gelosia che l’uomo prova nei confronti di una donna? Spesso, sempre uomini, giustificano questo gesto crudele incolpando la propria moglie o compagna di infedeltà, ma quello di cui non si preoccupano è proprio farsi delle domande. Per molti uomini l’unica cosa che alimenta la relazione matrimoniale (o non) è il rapporto sessuale e purtroppo spesso diventa una dipendenza. Dato che la mentalità umana ha da sempre pensato che la donna fosse colei che si occupa dei figli, della pulizia della casa, del pranzo e della cena, penso sia una cosa normale arrivare a fine giornata con l’unico pensiero di mettersi sotto le coperte, chiudere gli occhi e chi si è visto si è visto. Ecco, non capiscono che esistono modi che per quanto semplici possano essere intensi e di certo più importanti di un costante rapporto sessuale, per esempio anche soltanto parole di conforto per cercare di alleviare la stanchezza del proprio partner dopo una giornata stancante.
Simone Pappalardo 5B Liceo Scientifico Galileo Galilei di Catania


Francesca e Pia de Tolomei sono due donne accomunate dalle rispettive terribili storie; come sappiamo la prima  fu promessa in sposa a Gianciotto Malatesta e poi uccisa assieme all’amante Paolo per il cosiddetto delitto d’onore, la seconda invece sposata con Nello Pannocchieschi e poi assassinata dal marito per gelosia o scopi politici. Questo fa comprendere come tutt’oggi la situazione non sia cambiata; infatti la Donna è ancora sfruttata come un oggetto, anzi peggio. Ma perché in questi 700 anni non è cambiato nulla? Perché l’hanno permesso, lo permettono e lo permetteranno purtroppo.
Elisa Maci 4B Liceo Scientifico Galileo Galilei di Catania


Nel canto V dell'Inferno e del Purgatorio Dante introduce due figure femminili, descritte in modo molto particolare, anche perché sono fra le poche donne presenti in tutta la Divina Commedia. Francesca e Pia sono entrambe accomunate da un tragico destino in vita, l'amore che le ha portate alla morte, ma la loro condizione ultraterrena è ben diversa. Francesca è la protagonista assoluta del canto infernale: l'attenzione di Dante è subito catturata da quest'anima, che procede nella bufera dei lussuriosi ancora abbracciata al suo amato. La breve autopresentazione di Francesca lascia subito spazio al tema centrale del suo racconto: l'amore, “ch'a nullo amato amar perdona”, che è ancora forte in lei, ma che è anche la causa della sua perdizione. La passione è ancora viva in Francesca: come tutte le anime dei dannati, anche lei ha un grosso rimpianto per la vita terrena, poiché non ha nessuna speranza di giungere a Dio. Anche Pia è protagonista del canto V del Purgatorio. La delicatezza di Pia le permette di accennare soltanto alla sua morte, avvenuta per mano del marito, e in lei non c'è alcun rimpianto per la vita terrena, né odio verso il suo uccisore. Francesca e Pia sono le protagoniste di due canti della Commedia, il canto dell'amore e il canto della violenza, apparentemente diversi ma collegati da queste due figure femminili: Francesca, ancora legata al mondo terreno, e Pia, pellegrina che ha la speranza di giungere a Dio. La violenza contro le donne continua fino ad oggi con molti avvenimenti. Violenza non è soltanto fare del male a una donna fisicamente: violenza sono tutte quelle azioni che si compiono contro la volontà di una donna. Violenza è quando si fanno dei complimenti un po’ troppo spinti a una ragazza per strada, quando la si vuole rimorchiare a tutti i costi senza conoscerla, impedendole il passaggio, quando le si fanno delle battute sessiste che la fanno sentire inferiore. Sentiamo dire che le parole hanno un peso e spesso possono ferire più delle azioni: usarle contro una donna in modo inopportuno è un modo per farle del male, o per denigrare il suo valore. Pochi sono gli strumenti che si sono voluti offrire alla donna per difendersi, infatti molto spesso l’omicidio è l’atto finale che viene dopo tante denunce fatte. Inoltre un video che mi ha colpito molto su questo argomento è il seguente:
https://youtu.be/VmQPh0z1gdo
Andrea Di Paola 4B Liceo Scientifico Galileo Galilei di Catania


Il 25 Novembre 2019, è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.  '' La Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne è una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999.''  È utile, secondo me, analizzare ciò che quelle che sono considerate le ''grandi menti'' del passato pensano su questo argomento.  Senza dubbio mi viene da pensare alla più importante figura storico-letteraria di tutto il 300': Dante Alighieri.  Come ben sappiamo per Dante, uomo dotato di una mente molto aperta, se non futuristica direi per il suo pensiero, il tema della Donna è un tema molto delicato che gli sta molto a cuore.  In numerosi canti della sua straordinaria opera, La Divina Commedia, Dante analizza le esperienze di alcune figure femminili: quella che più mi ha interessato è stata la figura di Pia de' Tolomei.  "ricorditi di me, che son la Pia; Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che ’nnanellata pria disposando m’avea con la sua gemma".''  (Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, Canto V)

Così si presenta Pia de' Tolomei, nobile senese uccisa dal marito, Nello dei Pannocchieschi. Le fonti dell’epoca discordano sulla causa dell’omicidio: forse un’infedeltà della donna, forse il desiderio del marito di avere un'altra moglie. Pia de’ Tolomei non esterna nessuna richiesta, si limita a farsi riconoscere, con dei versi che assomigliano a un epigrafe funebre. A mio parere è interessante vedere come più di 700 anni fa vi fosse qualcuno dotato di un pensiero unico per la sua epoca ma completamente innovativo, riferendosi al tema del femminicidio.

Vincenzo Costa 4B Liceo Scientifico Galileo Galilei di Catania




Certamente uno stereotipo femminile esiste e differisce dallo stereotipo maschile, anche in società avanzate come quella in cui viviamo oggi. Gli stereotipi femminile e maschile, sono radicati nella cultura e nel sentire comune, sia tra gli uomini che tra le donne. Ad esempio molti vedono alcune professioni come “più adatte” ad un sesso piuttosto che all’altro. Questi stereotipi sono dimostrabilmente falsi: le prestazioni lavorative quando vengono misurate risultano in genere pressoché indipendenti dal sesso. (https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/30/discriminazionedi-genere-unostereotipo-femminile-esiste-ma-per-la-scienza-siamo-tutti-uguali/4260732/). Consideriamo il gender pay gap. Il gap in questione – quando si parla di occupazione femminile – è il divario retributivo a seconda del sesso di appartenenza ed è un fenomeno molto più diffuso di quel che pensiamo. In parole semplici significa che due persone, a parità di inquadramento e funzione lavorativa, hanno retribuzioni diverse solo perché una è uomo e l’altra è donna. Una discriminazione in busta paga espressamente vietata dalle legge – la parità di retribuzione a parità di lavoro è uno dei principi fondamentali della Ue – ma di fatto ampiamente praticata. (https://www.iodonna.it/attualita/famiglia-e-lavoro/2019/03/07/gender-pay-gapperche-in-italiauna-donna-che-lavora-e-pagata-meno-di-un-uomo/).  Di seguito un video che ci mostrerà che anche i bambini capiscono che il “gender Pay gap” è una cosa sbagliata: http://video.d.repubblica.it/lifestyle/maschi-e-femmine-stesso-lavoro-ma-diversaricompensa-lesperimento-con-i-bambini/6939/7056  
Consideriamo anche il linguaggio: il monologo di Paola Cortellesi disponibile sulla piattaforma “YouTube” ci fa capire quanto anche solo un singolo termine cambi radicalmente di significato se coniugato al femminile (https://youtu.be/4WjhLSkXqTk). Ma non finisce qui perché le parole più sgradevoli e misogine si possono  chiaramente leggere al di sotto di articoli di stupro o violenze sulle donne nei quali, purtroppo, alcuni di questi commenti sono proprio stati scritti da donne (https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/09/stuprose-compierlo-sono-carabinieri-e-menograve-e-le-donne-se-la-sono-cercata/ 3846282/) e (https://www.globalist.it/news/2017/09/10/studentesse-stuprate-afirenze-se-la-sono-cercata
continua-l-odio-sui-social-2011184.html). Le violenze possono essere inflitte da uno sconosciuto ma anche da persone talmente vicine a noi che neanche potremmo aspettarcelo. (https:// www.bsnews.it/2019/10/24/picchia-moglie-futili-motivi-arrestato-telepredicatore/). Violenze sempre esistite, ora più note, prima nascoste. Da studentessa mi avvicino alle opere del passato più di chiunque altro ed il primo caso di violenza che mi ha sbarrato la strada è stata la tragica storia di Pia de Tolomei. Sarebbe stata la prima sposa di Nello de’ Pannocchieschi. La Tolomei, vittima di un’infelice vita coniugale, sarebbe stata assassinata ad opera del marito che la fece precipitare da una finestra del suo maniero, dopo averla reclusa, probabilmente a causa della scoperta di un’infedeltà da parte di lei, oppure per liberarsene in maniera sbrigativa, desideroso di risposarsi con un’altra damigella. La povera Pia fu poi celebrata dalla Nannini. Non dimentichiamo che fino a pochi anni fa esisteva una legge (prima dell’abrogazione avvenuta nel 1981) a proposito del tradimento: il “delitto d’onore”. Secondo il codice penale italiano, era punito con la reclusione da tre a sette anni chi cagionava la morte del coniuge, nel momento in cui ne scopriva l’illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata al suo onore o a quello della famiglia. Quindi si potrebbe intuire che la legge sarebbe stata uguale per uomini e donne. Tuttavia, oltre ad una casistica quasi esclusivamente maschile, v’è da dire che la discriminazione insita nella fattispecie si desume facilmente da una più attenta lettura: il delitto d’onore, infatti, ricorreva solamente quando l’unione carnale coinvolgeva (oltre al coniuge) la figlia o la sorella, non anche il figlio o il fratello! Ciò significa che il padre che trovava la figlia con l’amante poteva uccidere entrambi e beneficiare del più mite trattamento sanzionatorio del delitto d’onore, mentre non poteva fare lo stesso nel caso in cui avesse sorpreso il figlio! 
Isabella Pavone 5B Liceo Scientifico Galileo Galilei di Catania





Dante, Paradiso III, 97-120

"Perfetta vita e alto merto inciela donna più sù", mi disse, "a la cui norma nel vostro mondo giù si veste e vela,

perché fino al morir si vegghi e dorma con quello sposo ch’ogne voto accetta che caritate a suo piacer conforma.

Dal mondo, per seguirla, giovinetta fuggi’ mi, e nel suo abito mi chiusi e promisi la via de la sua setta.

Uomini poi, a mal più ch’a bene usi, fuor mi rapiron de la dolce chiostra: Iddio si sa qual poi mia vita fusi.

E quest’altro splendor che ti si mostra da la mia destra parte e che s’accende di tutto il lume de la spera nostra,

ciò ch’io dico di me, di sé intende; sorella fu, e così le fu tolta di capo l’ombra de le sacre bende.

Ma poi che pur al mondo fu rivolta contra suo grado e contra buona usanza, non fu dal vel del cor già mai disciolta.

Quest’è la luce de la gran Costanza che del secondo vento di Soave generò ’l terzo e l’ultima possanza". 

COMMENTI


Piccarda Donati  era entrata nel monastero delle Clarisse in Firenze sin dalla giovane età, divenendo così sposa di Cristo. Il crudele fratello Corso però, probabilmente nel decennio compreso fra il 1283 ed il 1293, periodo in cui ricoprì varie cariche pubbliche a Bologna, costrinse la sorella ad abbandonare il convento e a sposare il ricco ed influente Rossellino della Tosa, un altro dei più facinorosi rappresentati della fazione dei Guelfi Neri, per stringere così una parentela molto vantaggiosa per gli interessi della famiglia e per la sua personale carriera politica.
Piccarda  racconta un matrimonio forzato, l’inevitabile rottura dei voti, una vita coniugale evidentemente infelice, perché contraria al suo animo e al suo progetto di vita. E allora Dio solo sa che cosa vuol dire, per una che voleva essere “vergine sorella”, sottoporsi al matrimonio con uomo, con il quale condividere il letto e la vita. Ciò che Dante ci racconta è di uno stupro e di una lotta impari contro la prepotenza del mondo maschile. Da quel mondo orribile, di sangue e di sopraffazione, Piccarda ha tentato di fuggire, ma ha perso la sua partita.
“Iddio si sa…”: le parole di Piccarda non possono non richiamare quelle finali di Pia dei Tolomei: “salsi colui…”. Stessa reticenza pudica, stessa allusione a un segreto condiviso con un complice privilegiato. Ma il complice con il quale la Pia condivideva il suo segreto era il marito assassino: lui solo sapeva com’era veramente andata. Il complice di Piccarda, invece, è Dio stesso.
Anastasio Giulia Liceo Scientifico Galileo Galilei di Catania


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