-LINGUAGGIO SESSISTA E STEREOTIPI


                                             Linguaggio sessista e stereotipi

E' preliminare ad ogni percorso di educazione alla parità la riflessione sulla lingua sessista. Osservazioni e suggerimenti della professoressa Caterina Chiofalo 


Parole e fatti sono strettamente collegati fra di loro.
            Quotidianamente assistiamo o sentiamo parlare di episodi di violenza contro le donne, violenza di genere, addirittura di femminicidio. Ma la violenza non nasce dalle azioni, nasce dal pensiero e dal linguaggio.
            La nostra lingua è piena di stereotipi, di frasi e modi di dire abituali, ritenuti normali, che tuttavia sottintendono un modo di pensare sessista, discriminatorio. E la discrmiminazione è il primo passo per l’emarginazione e la violenza.
            Quante volte le ragazze si sentono dire dal proprio fidanzato:
“Non metterti quella gonna se non ci sono io” oppure
“Lasciami e ti ammazzo” oppure
“Non fare la capricciosa”
“Ti amo da morire”.
            Sono tutte frasi che tentano di imporre il potere dell’uomo sulla donna, di renderla inferiore, facilmente gestibile e manipolabile.
            Fin da bambini i maschi si sentono dire che devono essere coraggiosi, intelligenti, forti, dei futuri leader, mentre le femmine che devono essere carine, dolci, attraenti, accondiscendenti e se tentano di mostrare la loro forza e il proprio coraggio vengono subito indicate come dei “maschiacci”. Mentre un bambino se piange viene indicato come “una femminuccia”.
            Divenute adulte poi le donne sono vittime di frasi discriminatorie che le ridicolizzano e le sminuiscono.
            Tanti sono i modi di dire discriminatori e offensivi:
“Donna al volante pericolo costante”
“Chi dice donna dice danno”
“Donne e motori gioie e dolori”
“Il silenzio è il miglior ornamento delle donne”
“La donna è mobile qual piuma al vento” recita un vecchio adagio.
            Il passaggio dalla violenza delle parole a quella delle azioni è molto breve.
            Occorre lottare contro gli stereotipi nascosti. Si dice ad esempio “I diritti dell’uomo”. Perché non dire” i diritti dell’uomo e della donna”? Inoltre “La paternità di un’opera d”arte”. Perché non dire “L’autorialità o la genitorialità di un’opera d’arte”? E così via.
            Molte parole nascondono il fatto che le professioni più elevate della scala sociale, quelle più importanti sono indicate al maschile, perché ritenute più adatte agli uomini che  alle donne. Perché dire “l’avvocato” o “il sindaco” se si tratta di una donna? Sarebbe meglio parlare di “avvocata”, di “ministra”, di “sindaca” al femminile.
            Le parole sono il punto di partenza per il riconoscimento dei diritti e della dignità di una persona.
            Bisogna utilizzare un linguaggio più corretto e appropriato, rispettoso sia degli uomini che delle donne e per far questo è necessario che uomini e donne si impegnino , a cominciare dai banchi di scuola, per lavorare insieme nel rispetto reciproco. L’uso di un linguaggio più rispettoso, più accogliente nei confronti dei diversi generi è il primo passo per una convivenza civile pacifica e non violenta.
            In conclusione, i giovani devono avere il coraggio di rompere gli stereotipi. Sì, perché ci vuole coraggio. Occorre abbandonare il linguaggio sessista e usare la giusta differenza di genere. “Ministra”, “assessora”, “avvocata” : ben vengano le parole al femminile che riconoscono i giusti meriti alle donne.

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