di Pina Arena insegnante di Lettere, Liceo scientifico Catania
La DAD è un’ opportunità in questa emergenza, necessaria ora, crea contatti, espande il nostro lavoro, ma non sa e non può sostituirlo, perché la professione docente è fondata sulle emozioni, sulla fisicità, sulle relazioni tra l’insegnante- la persona che con professionalità e umanità veicola e media saperi, li rimastica e comunica, anche con il corpo- e studente, la persona che li accoglie e rimodula , rimastica , fa propri.
E sono gli\le studenti più fragili ad aver bisogno più fortemente della dimensione fisico-relazionale nella pratica educativa e didattica. Sono le persone più fragili a cedere di fronte alla fissità rigida di una macchina che non guarda negli occhi, che non coglie l’incrinatura dello sguardo, che non tradisce l’emozione della lettura di un testo poetico.
Eppure la macchina è una potente aiutante, moltiplicatrice di azioni parallele: espande il nostro lavoro su mondi virtuali, fa navigare nei percorsi multiformi di saperi che s’incrociano ed assumono forme diverse, si colorano di musica, immagini grafiche e cinematografiche. Consentono l’incontro con altre voci lontane che arricchiscono e potenziano la fisicità e l’umana relazione. Ma non la sostituiscono. Non possono sostituirla nel prezioso lavoro ordinario.
Il dispositivo digitale svolge con rigore anche il compito di misuratore e controllore oggettivo: vigila sui compiti prodotti da ogni studente, li conteggia, comunica orari e regolarità di consegne. Ben venga il suo meccanico aiuto. Porta regola, dà numeri e statistiche che aiutano a decifrare la qualità dei processi. Ma non basta! Ben venga il meccanico aiutante, ma non basta!
Come ogni rivoluzione, la rivoluzione necessaria della dad semina anche distruzione mentre costruisce. Chi ha sempre lavorato lavora anche di più, partecipa alla scommessa, fa tesoro dell’emergenza.
Chi non è economicamente o culturalmente adeguato si perde, abbandona. Chi è più fragile, non ha sufficienti mezzi, pc, memorie digitali adeguate, dispositivi giusti, camera propria e non condivisa con due sorelline vocianti, chi non ha altri trenta libri in casa, ambiente favorevole, non sta al passo, non può partecipare alla pari, esserci. E si perde anche chi pur disponendo di piattaforme digitali, ha una storia di debolezza motivazionale.
Eppure deve essere questa la scommessa: una scuola inclusiva, capace di valorizzare e sostenere ogni persona, in modi differenti, diversificati. Non abbandonando i più vulnerabili, i più fragili o solo i più timidi e timorosi, in un tempo in cui un’emergenza sanitaria mette sotto gli occhi di tutti proprio che la vulnerabilità è propria di ogni essere umano. umani. Proprio per questo è necessario “mantenersi in contatto con l'aspetto umano” facendo scelte che non prescindano mai dall’umanità che è in ciascuno\a di noi.
Ora ci attendono la conclusione di un anno di scuola diverso e l’inizio di un nuovo anno di scuola in un tempo che è fuori dell’emergenza ma in cui l’emergenza, così ci dicono, non sarà ancora risolta. Una possibile via da percorrere è quella mista, in questo tempo di transizione: coniugare dad e didattica in presenza, dividendo la settimana in due parti disuguali, ma solo per studenti delle scuole superiori, è una via che permette di valorizzare le risorse migliori delle due modalità didattiche, risparmio di strumenti e maggiore condivisione di mezzi per le scuole, perfino risparmi di carburanti per i trasporti. Ferma restando la centralità delle persone, delle umane relazioni, della crescita umana. Ferma restando la consapevolezza che la lezione d’aula in presenza resterà insostituibile e che solo l’esperienza e l’alta professionalità docente sono capaci di rimodulare , almeno in parte, nell’emergenza, la comunicazione e la condivisione fisica, necessari motori di empatia.
Che sia arrivato anche il momento di mettere fine al disastro antico, sempre denunciato mai ascoltato, delle classi-pollaio? Ripartiamo da qui. E’ necessario.
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