Comincia qui il racconto dell’esperienza della didattica a distanza al tempo della chiusura delle scuole.
Riflessioni che partono da una contingenza e si espandono alla scuola che vorremmo


Dad, con un sguardo al delicato e sconfinato lavoro dell’insegnante

di Marilena Adamo- insegnante di Lingua inglese  –Liceo scientifico- Catania

Dal 7 marzo 2020 la teledidattica ha fatto irruzione nella vita di ogni docente   e ci ha indotto in pochissime ore a domandarci cosa e come fare per le nostre ed i  nostri studenti, rimetterci in gioco, sperimentare e veicolare i tradizionali contenuti didattici in una nuova veste. Sino a quel momento la teledidattica era per me perlopiù uno strumento di autoformazione, attraverso i cosiddetti webinar, e verifica al termine di ogni unità di un  master, corso di perfezionamento o corso universitario online.
La mia esperienza di docente "teledidatta" alle prese con sei classi e due bimbi piccoli è complessa ed ha vantaggi ma anche svantaggi.
Il primo scoglio da superare è stato quello di rivedere i nostri programmi non più alla luce del raggiungimento degli obiettivi minimi per la conoscenza dei contenuti, ma la traduzione degli apprendimenti    in competenze. Ho ripensato a tutte le unità e subito mi sono chiesta: "Come possono fare i miei alunni per farmi capire che hanno appreso,  senza scopiazzare dalle enciclopedie online?"
 Da lì l'idea di spingere il pedale dell'accelerazione sulla realizzazione delle mappe concettuali, l'uso di giochi ed applicazioni educative, presentazioni multimediali, realizzazione di poster e infografiche per le tematiche-chiave, creazione di un fumetto con cui capire se i miei studenti sapessero applicare una regola di grammatica in nuovo contesto.
Questo aspetto  ha dato  subito soddisfazioni: ragazze e ragazzi  hanno realizzato dei lavori creativi che mi hanno stupito, divertito e mi hanno fatto conoscere aspetti del loro carattere per me nuovi.
In questo mese ho ripensato alla mia griglia di valutazione e adesso la voce partecipazione e rielaborazione critica hanno un peso maggiore rispetto al passato.
Non tutti i miei studenti hanno potuto però partecipare: mi ha lasciato sorpresa constatare quanti di loro  hanno solo la tastiera del telefonino come terminale di videoscrittura (eppure molti di loro hanno festeggiato recentemente 18 anni in modo faraonico, persino con viaggio premio all'estero!) oppure non riescano a connettersi, perché vivono in zone ancora poco coperte o abbiano un piano tariffario mensile limitato. Alcuni di loro mi hanno scritto per segnalare i loro problemi, altri invece sono rimasti confinati a casa e spesso lo hanno riferito solo ai compagni.
Questo mi ha fatto capire quanto sia importante nella teledidattica il dialogo ed il clima di fiducia docente-alunni e il ruolo svolto dai rappresentanti di classe, che spesso ti aiutano a capire le paure, i malumori, le fragilità dei compagni, che magari non hanno difficoltà economiche, ma si sono chiusi in cameretta in una sorta di trance davanti a Netflix, un'intera giornata con il pigiama, perché non possono più praticare sport e allora non ha più senso uscire dalla propria stanza.
Ho avuto modo di capire che sono cambiate le problematiche di alcuni alunni (si accentua la solitudine, la dipendenza da dispositivi informatici, l'astenia, l'apatia, ma anche la rabbia e la frustrazione per non poter uscire con gli amici, fare una passeggiata o la paura di fronte alle notizie del contagio) e più volte ho preso carta e penna (cosa che prima non avrei mai fatto) e ho scritto per chiedere cosa non andava. Quindi ho modificato le modalità di interazione con la classe (più email, ma no Whatsapp!).

La mole di lavoro è sicuramente aumentata, ma anche le nostre energie sono messe a dura prova: dopo due ore di progettazione (navigazione su Internet, lettura e confronto fra più fonti, scelta, manipolazione testuale, ecc.) la vista si appanna, sopraggiunge una sensazione di nausea (mai avvertita prima), inizia l'emicrania: quindi a mio avviso, una ripercussione sulla nostra salute psico-fisica c'è.
Per questa ragione si avverte poi il bisogno di staccare e riprendere dopo un po’, magari a visualizzare i lavori svolti o correggerli. Di fatto, non c’è più uno stacco fra ambiente scuola e ambiente casa; anzi la nostra (con i nostri corredi) è come se fosse messa a disposizione dei nostri studenti, che dalla webcam sbirciano il quadro con il voto di laurea della professoressa, piuttosto che l'orologio-angoliera, che non segna più l'ora!
Questi sono aspetti che fanno sorridere  ma mettono sì in luce alcune criticità legate alla privacy nostra e dei nostri alunni.
Purtroppo non posso e poi non lo ritengo neanche giusto (per il consumo di batteria, Giga, ecc.) proporre le mie 18 ore canoniche di videolezione sincrona e per fortuna questo non è stato preteso!
Non solo:  sono madre di  due bambini   di 6 e 4 anni e mi sono all’improvviso  a far loro da insegnante in un turbine di attività da scaricare, vigilare durante lo svolgimento e scansionare a più riprese durante il giorno e contemporaneamente a svolgere l'attività didattica per le mie classi e questo mi dà la sensazione a tratti di scoppiare, non sapere come districarmi.
Sto facendo bene a riprendere mia figlia se scrive i caratteri dal basso verso l'alto o no?
Ecco,  lamento la mancanza di un supporto materiale (la presenza di una babysitter) o psicologico (  che mi aiuti a concentrarmi sulle cose più importanti, focalizzare l'attenzione sul qui ed ora e dominare le sensazioni negative).
Poi però penso che la flessibilità mi permette di spostare una data di scadenza e questo mi fa sentire più tranquilla.
Tuttavia vorrei che i nostri diritti venissero anche ridefiniti di fronte all’impegno sconfinato  della teledidattica: diritto alla disconnessione il pomeriggio, giorno libero e festivi rispettati;  condivisione virtuale definita nei tempi, in cui non può rientrare l’invio di compiti e di richieste di assistenza didattica , di chiarimento didattico, nelle orali serali o notturne.


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